lunedì 18 giugno 2018

ER TITANIC DE NOANTRI STA ANCORA LI'...







di Bartolomeo Colleoni

Il modo migliore per nascondere una cosa è lasciarla in piena vista, scriveva – più o meno così – un certo Edgar Allan Poe. 

Sarà per questo che, per sbarazzarsi del troppo ingombrante relitto di un battello in acciaio di 40 metri, un mostruoso impatto ambientale all’interno di Roma, le istituzioni – per ora la citazione è generica – hanno pensato bene di lasciarlo riverso su una banchina del Tevere, sotto gli occhi del mondo, tanto che è visibile pure dal satellite. 
Così, da 10 (leggasi dieci) anni, la nave Tiber II, sulla quale un tempo si svolgevano romantiche gite notturne sul Tevere, giace dimenticata, fra la vegetazione che nel frattempo è cresciuta, e l’immondizia. 

Il 12 dicembre del 2008, nel corso della piena che fece trascorrere giorni tragici alla capitale, sindaco Alemanno, il battello ruppe gli ormeggi e si schiantò contro Ponte Sant’Angelo, lasciando dei segni sulle pietre secolari. 

Finita l’emergenza, fu lasciato naufragare e si “spiaggiò” sulla banchina di lungotevere della Vittoria, altezza civico 11, zona centrale di Roma. 
Qualcuno pose intorno dei plinti in cemento, per limitare eventuali spostamenti con l’acqua alta. Qualcun altro un cartello di divieto di accesso, per evitare le visite dei curiosi.  
Da allora sono trascorsi 10 anni, dicevamo. 
Roma e il Lazio hanno visto passare tre sindaci, un commissario straordinario e tre presidenti di Regione. 
L’ultimo dei quali, Zingaretti Nicola, al suo secondo mandato, e al governo grazie a una «maggioranza trasversale». 

Ora, sarebbe inutile evidenziare quale gigantesco problema possa derivare dal relitto, che un tempo conteneva centinaia di litri di olio, carburante, batterie, cavi, impianti, materie plastiche. Verrebbe quindi da domandare: possibile che nessuna associazione ambientalista, di quelle che organizzano campagne contro ogni genere di inquinamento, anche il più improbabile, abbia mai puntato il ditino contro? Strano che in dieci anni non si siano accorte di nulla. 
La competenza delle banchine del Tevere è della Regione Lazio. 
Lo evidenzia sui social lo stesso Zingaretti Nicola, promuovendo i fondi stanziati, ma solo per caso, anche in piena campagna elettorale. Gli enti interessati alla salvaguardia del fiume sono comunque tanti, troppi, anche per la burocrazia italica. Ovviamente c’è il Campidoglio, che, da parte sua, dovrebbe essere molto attento al mostro in pieno centro, non rappresentando una positiva cartolina della capitale d’Italia e della sua amministrazione. “Ecco il Titanic di Regione e Comune, il simbolo di Roma che affonda”: questo il titolo del comunicato stampa con il quale l’associazione RomaNuova portò alla ribalta il caso, un mese fa, denunciando ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma che tutti fingono di non vedere, facendo diventare la notizia virale. 
Da allora nessuna istituzione è intervenuta per spiegare, mettere in sicurezza il relitto, offrire una soluzione, porgere le proprie scuse alla città. Nulla. Silenzio assoluto. Non solo. 
Il Comune ha siglato un Contratto di fiume volto alla salvaguardia dello stesso, dove il Tiber II non è citato. 
Zingaretti ha continuato a promuovere le iniziative di pulizia delle banchine, ma a quanto pare non quella dove c’è l’imbarazzante nave. 
Il relitto ora è abitato ed è facile notare la biancheria stesa dagli inquilini abusivi, di cui sono sconosciute le generalità. 
Del resto lo spazio non manca, ai tempi d’oro trasportava 350 passeggeri, più l’equipaggio. 
Pure della società armatrice nulla si sa. 
Nessuno ha reclamato il fantasma. Come nessuna indagine risulta mai essere stata aperta sul caso. “Questa è una strana storia”, direbbe il giallista Lucarelli. 
Una storia sulla quale perdura un misterioso silenzio. Chissà perché.