venerdì 19 giugno 2015

IL DITO MEDIO? IN GRECIA VAROUFAKIS NE USA 5 PER SFANCULARE L'EUROPA




di Andrea Koveos 
@andreakoveos

Prendi questa mano. In Grecia mostrare a una persona le cinque dita aperte è un’offesa pesante. 
Tutto, si sa, è nato nella terra dei filosofi. 
 E quindi anche degli insulti si è fatto una scienza a cui molti barbari hanno attinto, in maniera modesta per altro. Infatti lì dove la maggior parte del mondo si accontenta di indicare timidamente un dito solo (quello medio), gli ellenici ne sfoderano cinque e in alcuni casi perfino  10. 
Con la “Muntza” (così è chiamato il gesto in lingua originale) si getta una maledizione contro la persona cui è rivolta, provandone profondo disgusto. 
In sostanza gli si augura ogni sorta di male. 
Le origini di questa offesa sono incerte; c’è chi sostiene che durante il periodo bizantino fosse un modo per spaventare l’avversario di turno auspicandogli una punizione esemplare, come la galera, che a quell’epoca non doveva essere un albergo a 5 stelle. 
Ora la foto che ritrae Varoufakis mentre mostra la “Muntza” sembra effettivamente involontaria. 
Quello che pensa dell’Europa se lo tiene per sé. 
Certo non sono né complimenti, né salamelecchi. 

giovedì 18 giugno 2015

ALFANO NON COMMISSARIA ROMA PERCHE' PERDEREBBE MARCHINI...




di Cesarino Giulio
Arrestati, indagati, concussi e discussi, il Campidoglio sembra la succursale di un braccio di Regina Coeli, nei dipartimenti comunali girano più Ros che dipendenti e le microspie in via delle Vergini stanno traslocando nella nuova sede di via del Tritone. 
Di fronte alla drammatica escalation di ammanettati che somiglia agli indianini di Agatha Christies – chi sarà il prossimo? - e alla faccia dell’ultima delibera di consiglio sui residui di bilancio passata tra assenteisti e astenuti della maggioranza, c’è comunque chi resiste e non cede. 
Non arretra e non cade. 
‘Barbinomarino’ non ci pensa proprio a lasciare il suo scranno. Magnifica di aver fatto pulizia ma almeno una “decina” di “stelle” tra i suoi figuri più fidati, di cui uno spostato di ruolo prima che arrivasse l’ondata di dicembre, compaiono pesantemente nei verbali al vaglio della magistratura. E’ la 'sindacografia' di un uomo ritrovatosi comandante ma incapace a comandare, a sinistra e a destro conosciuto come il marziano e al popolo di Roma come il sindaco più pazzo del mondo.  
Incline al viaggio – passa più tempo in America che in Campidoglio – si dimentica della meta, pedonalizza a buffo, si vanta di scegliere manager attraverso curricula e riesce a nominare persone indagate  o senza requisiti. 
Sega lo stipendio a 24mila dipendenti e decide che i romani che vorranno prendere il caffè con la cremetta all’Estauchio dovranno pagare il pedaggio. 
Accerchiato e congelato, rimane in piedi mentre la Capitale sprofonda. 
Ieri cabinato con tanto di regia per la gestione della città e oggi commissariato sul Giubileo è fin dal suo insediamento una linea telefonica morta con modalità ricevente. 
Rutelli, Veltroni e Alemanno si sarebbero dimessi da un pezzo ma lui no, non ha gerarchie a cui rispondere o vassallaggi da difendere, è un uomo di apparato ma non di budello e quello che accade nel ventre dei circoli piddini e nelle lotte fratricide tra correnti sinistrorse, le stesse che oggi sono state spezzate e spazzate via dall’inchiesta Mafia Capitale, 'je rimbarza'. 
Ora, in un Comune dove gli unici rimasti a piede libero sono Giulio Cesare nell’Aula Senatoria e Marc’Aurelio in piazza del Campidoglio, Marino non ha molte chance. 
Fatto salvo che l’Amministrazione comunale molto difficilmente sarà sciolta per infiltrazioni mafiose, e non tanto perché non ci sono gli estremi ma soprattutto perché tale decisione implicherebbe la non ricandidabilità per 5 anni di tutti gli eletti di tutti gli schieramenti politici – decreto legislativo 18 agosto 2000, art 143 (modificato dalla legge 94 del 2009). 
Ed attualmente fra quegli eletti risulta anche il potenziale candidato su cui Fi, Ncd e rimasugli vari puntano a mettere cappello e su cui il grande retroscenista di lotta e di governo da ex Pdl si sta giocando l’ultima goccia di credibilità su Roma. 
Ritrovarsi quindi fuorigioco il coniglio dal cilindro sarebbe un bel problema non solo per quel pezzo di centrodestra in cerca di leader ma anche per la grande economia romana oggi alla canna del gas. Pertanto, la lepre deve correre.  
Il Cara di Mineo è una bomba ad orologeria che se esplode davvero lascerebbe morti e feriti, far dimettere quindi Marino farebbe da apripista alle elezioni del 2016 sul nazionale, una scadenza per Renzi quasi irrinunciabile visti i pessimi risultati delle regionali. Ma fin qui, tutto sommato, siamo ancora nell’alveo delle ipotesi da exit strategy, mentre una strada concreta percorribile che porta dritta dritta alle dimissioni dell''imbullonato' è sicuramente la sfiducia da parte della maggioranza. 
In Campidoglio tira brutta aria, gira voce di una una terza ondata e in tanti, da tempo, sobillano che stavolta riguarderebbe il vicesindaco. A quel punto per i consiglieri Sel e per più di qualcuno del Pd si concretizzerebbe un’occasione ghiotta per mandare a casa Marino, sfiduciandolo, e rimanere così intonsi e pronti per un altro giro.

martedì 16 giugno 2015

MIGRANTI, FERROVIE DELLO STATO S'ACCOLLA IL 'TRENO' DELLA SOLIDARIETA'





Ci sembra di ricordare che le Ferrovie dello Stato 
si occupino  di treni. 
Certo, potrebbe farlo molto meglio. Ma il suo, diciamo così…’core business’ è quello:  trasportare  decine di migliaia di persone ogni giorno in giro per l’Italia e per l’Europa. A volte capita che i treni siano in ritardo, che le vetture siano vecchie, talvolta sporche. Ma insomma,  il suo lavoro è quello. E allora non si capisce perché, nella totale e colpevole assenza delle istituzioni,  da oltre una settimana le Ferrovie dello Stato stiano gestendo la fase acuta dell’emergenza, dando  assistenza ai migranti che vivono, mangiano e pernottano nelle sue stazioni. Mentre il Governo  volta lo sguardo dall’altra parte, Fs assume  assume il  ruolo di dispensatore umanitario di assistenza, logicistica, e vettovagliamento, igiene personale e igienizzazione dei luoghi. Attenzione: non vorremmo ora scatenare l’impietosa rabbia dei pendolari, sempre incazzati per la qualità dei loro viaggi ma ci piacerebbe invece  far scattare un moto quanto meno di stupore  e, volendo -perché no - anche di umana partecipazione a questa gara di solidarietà che l'azienda sta mettendo in campo rispondendo a quello che nei Paesi anglosassoni si chiama CSR, l'acronimo che sta per Corporate Social Responsability. 
Traduzione per i nostri governanti non anglofoni e ignari delle tendenze sociali mondiali: Csr significa responsabilità sociale d'impresa. 



A Roma, Fs ha messo  a disposizione il piazzale antistante per tutte le pietose esigenze del caso. A Firenze la stessa cosa. A Milano ha fatto anche di più: già da novembre, si apprende, aveva inviato al sindaco Pisapia l’offerta in comodato d’uso di locali presso la stazione Centrale da destinare proprio all’emergenza umanitaria. Da novembre, sì, avete capito bene, ben sette mesi fa. Dalla giunta, ci riferiscono fonti del Comune, nessuna risposta. Ma proprio  niente.  Sì perché l’emergenza migrazioni ovviamente non era previdibile né prevista…Ma chissà perché Fs invece, come una Cassandra, l’aveva preventivata e prevenuta.  Il sindaco Pisapia, eletto nelle file di quel partito che fa dell’umanitarismo e dell’internazionalismo apolide e nomade il suo cavallo di battaglia (o forse di Troia), ha chiarito: “Più di così Milano non può fare. Basta profughi”. In effetti basta. Tanto se ne occupa Fs…E se ne occupa anche la Croce Rossa. Avete capito bene, la Croce Rossa quell’istituzione benemerita che Renzi  sta chiudendo d'imperio sordo a qualsiasi appello. E il governo che fa? Nonostante la  mobilitazione umanitaria di Ferrovie, l'esecutivo Renzi non ha neppure pensato di convocare un tavolo di lavoro, una task force, un incontro, un appuntamento telefonico con i vertici dell’azienda. Né il ministro dell’Interno Alfano, né quello del Welfare Poletti, né il ministro dei Trasporti Delrio, né il ministro Padoan, né il ministro della Salute.  Hanno perso tutti il treno. Vanno in auto blu.