mercoledì 4 gennaio 2012

La Casta: come negli anni di piombo quanto ha pesato il ruolo dei giornali...


"Un caso di coscienza": la responsabilità dei giornali negli anni di piombo e durante il rapimento di Aldo Moro. Intervista a Eugenio Montale, 21 marzo 1978, "Un caso di coscienza".
Perché oggi nessuno, a partire da quella storica testata, si rende conto di aver azionato un meccanismo infernale, ulteriormente impazzito dalla velocità e pervasività dei social network?
(...)<<Che fare? Senza la presunzione di conoscere una formula certa, il Corriere ha trasferito la domanda al suo giornalista più nobile ed illustre, a una voce senza sospetti: Eugenio Montale, redattore per tanti anni del Corriere, senatore a vita, Premio Nobel, uomo che seppe dire di no, con coraggio e povertà, agli anni della censura, agli anni di altri odiosi brigatisti. Tu, Montale, avresti pubblicato la foto e il messaggio delle Brigate rosse? "Forse sì. Pensate di aver fatto male?" Ce lo stiamo chiedendo. "Certo, giornali e Tv hanno portato davanti a milioni di occhi due messaggi - una foto, un comunicato ideologico - che, senza questo concorso, le Brigate rosse avrebbero potuto far circolare, ciclostilati, al più duecento copie". Ormai è andata così. D'altronde non era la prima volta. "Per il futuro, i giornalisti dovrebbero darsi un codice. Non dimenticate che quel testo, soprattutto il testo, può aver trovato degli ammiratori: dei giovani ammiratori, anche fuori dal mondo intorno alle Brigate rosse. Pensandoci, sarebbe stato meglio non pubblicarlo. E' scritto da un ideologo, in buon italiano, sarà certamente un laureato... Il terrorismo è una cosa ancora non ben studiata nei suoi veri motivi psicologici: esisteva già al tempo degli zar l'ideologia di far fuori, uccidendo, come se fosse una cosa santa, sacrosanta...". Parlavi, Montale, di un codice. Ma quale? Non certo una censura. "Non si può creare una regola di comportamento basata su ipotesi. Si dovrebbe piuttosto trattare di un codice che tutti i giornalisti dovrebbero cercare dentro di loro stessi. Ma sì, non li pubblicherei questi messaggi delle Brigate rosse. Bisogna averne la forza. Che poi sia facile proprio non lo so. Per fortuna non dirigo alcun giornale". Non pensi che così facendo si potrebbe finire per trascinare i giornali in un regime di libertà vigilata? "Non credo. Basterebbe dire per quali motivi non si pubblica il messaggio, non ritenendo opportuno di alimentare le fantasie di qualche altro potenziale delinquente. Insomma, una formula adeguata. Dire che mediante la pubblicità alle Brigate rosse potrebbero venire le adesioni degli imbecilli... E d'imbecilli ce ne sono tanti". E per la foto? "M'ha fatto tanta pena. E' l'immagine dello Stato umiliato". Allora, la foto l'avresti pubblicata? "Quella sì". Potrebbe aver provocato anche delle reazioni positive? "Qualcuna: ne viene un senso di pietà e di rabbia. Una soluzione per il futuro, il minimo che si possa fare, potrebbe essere non dare per intero gli argomenti di carattere ideologico dei brigatisti. La stampa è indubbiamente un potere, anche micidiale, questo è certo. Ma riusciremo a risolvere mai questo grande caso di coscienza?"
>>.

Nessun commento:

Posta un commento