martedì 11 settembre 2012

Governo: non c'è ancora l' Agenzia Digitale Italiana, ma c'è l'Agenda strapiena di... 'agenti'

 
      Se ne parla tanto.
      Si realizza poco, anzi nulla.
E’ l’Agenzia Digitale Italiana, creata ad hoc nel marzo di quest’anno dal ministro dello Sviluppo economico, Passera, affiancato dai ministri dell’Istruzione e dell’Università, Profumo, dal ministro dell’Economia, Grilli, dal ministro della P.A. Patroni Griffi, e dai sottosegretari Catricalà e Peluffo.
Curiosità: sulla rete, l’agenzia in quanto tale ancora non c’è, non ha un indirizzo specifico. L’unico sito al quale si è ridirezionati (alla faccia della semplificazione) è quello dell’Agenda Digitale Italiana (http://www.agenda-digitale.it/agenda_digitale/).
Sarà sicuramente la stessa cosa immaginiamo, anche perché la task force che la compone arriva tutta dai ministeri fondatori. Si tratta di una struttura in grado di far girare l’Italia per il verso giusto, anzi con il clik giusto.
Vanta un programma ambizioso: annullare il digital divide tra l’Italia del Nord e del Sud e tra l’Italia e il resto d’Europa.
E far macinare soldi, tanti soldi, con progetti innovativi al servizio del cittadino, dell’impresa e della pubblica amministrazione.
A tutt’oggi, l’unica cosa certa è la cabina di regia (http://www.agenda-digitale.it/agenda_digitale/index.php/cabina-di-regia/referenti).
Che, come si dice a Roma, è da paura, manco fosse il Cnel.
Cinquanta esperti, suddivisi in 6 gruppi di lavoro a comporre il motore di una Ferrari che non c’è.
O se c’è,
è  tenuta in parcheggio.
Apparentemente tutto è pronto per farla partire, questa Ferrari inesistente.
Ma manca lo Schumacher della situazione:
il direttore generale, colui che gestirà un fondo oscillante dai 120 milioni di euro solo per le start up a 400 milioni per la grande rivoluzione digitale italiana.
Certo sarà difficile trovare un profilo che coniughi capacità manageriale, conoscenza approfondita del settore italiano ma soprattutto internazionale, e che abbia quel ‘quid’ genialoide che lo faccia somigliare, almeno un minimo, a uno Zuckerberg in fascia tricolore.
I nomi in lizza non mancano. In principio si parlava di Roberto Sambuco, capo dipartimento comunicazione al Mise,  giovane (è del ’69) ma già ricco di esperienze ed incarichi: docente di Economia e Politica della Cooperazione alla Sapienza, presiede la Scuola di dottorato delle Comunicazioni, è Mister Prezzi, lavora con l’ex ministro Scajola. Insomma, un cv di tutto rispetto anche se lui si è mostrato riluttante. Troppo poco per un esperto come lui?...
Poi la scelta è ricaduta su Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale, ma le turbolenti vicende legate ai trascorsi in Fastweb, di cui era ad, ne hanno fiaccato il profilo.
In seguito, è stato il momento di Alessandro Fusacchia, giovanissimo manager- intellettuale, già presidente di Rena (Rete per l’eccellenza nazionale) da cui si dimise qualche mese fa per approdare a più esaltanti esperienze. Dove? Da Passera, appunto (leggi l’articolo del Cicalino  
http://ilcicalino.blogspot.it/2012/02/governo-nomine-passera-pesca-di.html)
Infine, e questa è l’ultima, quella che tutt’oggi pare in forte ascesa, è quella di Cristiano Radaelli, vicepresidente di Confindustria Digitale, ingegnere nucleare, presidente dell’associazione italiane industrie informatiche. Amico carissimo di Stefano Parisi,laureato…al Politecnico, ovviamente, e  con un   master di tutto rispetto, alla Bocconi, ovviamente, ça va sans dire.
Tutta gente blasonata, ‘professorata’, ossequiata, appetita. Gente con lauree pesanti, incarichi ministeriali, e cariche presidenziali. Gente capace di far girare l’Italia con un clik, appunto.
Sarà. Ma cosa hanno creato, inventato questi geni dell’Itc italiana? Un programma, un social network? Un portale. O 'chessò' una start up ‘espatriata’ a Silicon Valley?
Macché.
Hanno creato solo reti, associazioni, relazioni, entrature, cordate. Questa è l'Italia, mesdames et messieurs.
Americana a parole. Borbonica nei fatti.
E dire che Steve Jobs non era neppure laureato...
 



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