lunedì 20 febbraio 2012

Camera dei Deputati: riforma autodichia, eppur si muove


Autodichia: scrive il deputato Pino Pisicchio in una lettera al Corriere della Sera (p.27): "Accade (...) che l'Autodichia oggi venga usata male. (...) Allora cerchiamo di agire con onesta intellettuale e nel pacchetto delle riforme necessarie, da condividere bipartisan, mettiamoci pure l'autodichia parlamentare, devolvendo a un organo terzo, come la Corte Costituzionale le competenze che agli artt. 65, 66 e 68 riservano alle Camere. La politica, dunque, torni a fare la politica e non assomigli più alla chiusa corporazione chiamata a giudicare 'in causa propria'".

Un ottimo Pisicchio oggi affronta sul quotidiano di via Solferino un tema solo in apparenza squisitamente politico-costituzionale. Gli articoli citati si riferiscono infatti alle norme costituzionali che sanciscono l'autonomia delle Camere sulla ineleggibilità, incompatibilità dei senatori e dei deputati (65), sull'esclusiva giudicabilità parlamentare dei titoli di ammissione (66), sulla libertà di espressione del parlamentare nell'esercizio del suo mandato e sulla necessità delle autorizzazioni delle Camere per il via libera alle perquisizioni, arresto, intercettazioni, ecc.ecc.
Ma c'è un altro aspetto che attiene all'autodichia declinata in termini amministrativi e contabili delle Camere. Una evoluzione degenerativa dell'autodichia politica e non sancita dalla Costituzione: quella che rende al di sopra di ogni controllo della Corte dei Conti le spese effettuate dal Quirinale, dalla Corte Costituzionale, il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati.
Allora, aggiungiamo alle eccellenti osservazioni di Pisicchio, (la necessità di trovare un riforma bipartisan sulle attinenze parlamentari dell'autodichia), la ricerca di una riforma tripartisan sulle competenze economico-amministrative dell'autodichia che rende le quattro istituzioni del Paese territorio off limits ai rendering contabili esterni. Il prefisso 'tri' indica l'obbligatoria convergenza su tale scottante tema
delle alte burocrazie di questi apparati istituzionali che spesso usano questa loro esclusività per spendere e spandere senza che l'opinione pubblica possa farsi- appunto- un'opinione...

Il che, nell'era della web transparency e democracy non è cosa da poco.

1 commento:

  1. LA LETTERA
    Le ragioni di «Libero» e i privilegi (per legge) del Parlamento
    18 lug 2014
    Libero
    ENRICO BUEMI*

    Egregio direttore, il Suo editoriale del 16 luglio su «Libero» affronta una questione sulla quale, invano, da un anno mi affano: la sottrazione delle attività amministrative delle Camere - e per la verità di tutti gli organi costituzionali - dalla legge esterna. In proposito ho avanzato da tempo un disegno di legge (n. 1175), la cui tesi di fondo risulta ora accolta dalla sentenza n. 120 della Corte costituzionale: non tutto è sottratto alla legge ed al giudice esterno, ma solo ciò che è funzionale all' attività politico-parlamentare.
    La gestione amministrativa dei Palazzi ne ha forse risentito? Essa ha già censito i possibili fronti del contenzioso? Ha già scelto, magari con la Camera, la linea da seguire caso per caso? Pare invece che la scelta, che è stata fatta, sia quella dello struzzo: fingere di non vedere. Persino un'interrogazione, da me proposta, s'è arenata nelle secche dell’ammissibilità, quasi che l'unica strategia, che il Senato sa proporre, sia quella di mettere la testa sotto la sabbia.
    Le Sue doglianze, tuttavia, sono fondate. Dobbiamo porci seriamente e convintamente il problema di riportare a norma questo regime: dobbiamo farlo apprestando un piano di rientro nella legalità, che dia alle amministrazioni parlamentari il tempo necessario per adeguarsi all'ingresso nel diritto comune. Si tratta di un ingresso dirompente per molte incrostazioni gestionali e prassi comportamentali equivoche: i tentativi di riforma, sin qui abortiti, avevano tutti come punto debole la tesi dell'autodichia, che impediva l'applicazione diretta della legge esterna nei confronti delle amministrazioni degli organi costituzionali.
    Per questo ho deciso di proporre l'abolizione della vituperata "autodichia", formulando un emendamento all'articolo 64 della Costituzione, che sarà esaminato nel testo di revisione costituzionale del governo Renzi: anche al suo favorevole accoglimento, da parte del Governo e dell'Assemblea, collego il mio atteggiamento nel voto finale sul complesso della riforma costituzionale.

    *Senatore Per le Autonomie-Psi

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